In Italia il divieto sulla carne coltivata diventa legge

Pubblicato da Redazione

il 16/11/2023

confezioni di carne coltivata al supermercato

Aggiornamento del 16/11/2023

Il disegno di legge contro la carne coltivata ha ottenuto l'approvazione alla Camera.

Ma il testo, votato solo dalla maggioranza (il Pd si è astenuto e M5S e Alleanza Verdi-Sinistra hanno votato contro) è stato accompagnato da forti polemiche.

Per sostenere la discussione in Aula, una rappresentanza di agricoltori e allevatori di Coldiretti si è raccolta in presidio a Roma con striscioni che titolavano "No al cibo artificiale". La campagna contro la carne coltivata è infatti partita il 10 novembre dello scorso anno con una mobilitazione della Coldiretti, una petizione che ha poi raccolto 2 milioni di firme. E' da qui che nasce l'azione del governo, che lo scorso marzo ha presentato un disegno di legge.

Il provvedimento, firmato dal ministri Francesco Lollobrigida (Ministro Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste) e Orazio Schillaci (Ministro della Salute), ha destato però le perplessità del Quirinale, preoccupato che il nostro paese possa incorrere in una procedura di infrazione in Ue. Solo poche settimane fa, L’Italia ha infatti ritirato la notifica TRIS di questo ddl alla Commissione Ue, un procedimento che vale per tutte le norme che ostacolano il libero commercio. E la normativa Ue impone che una disposizione nazionale non notificata venga giudicata inapplicabile. L'Ue quindi potrebbe decidere di aprire una procedura di infrazione contro il nostro paese.

Scorri l'articolo per leggere la storia di questa legge:

++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Nel mese di ottobre il governo Meloni ha ritirato in gran silenzio il disegno di legge contro la "carne coltivata" -Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali- per ragioni di incompatibilità con le norme dell'Unione Europea.

Il governo ha cioè ritirato il meccanismo di notifica Tris per il ddl. Una procedura amministrativa che consente di bloccare un provvedimento qualora questo violi il diritto comunitario. Il ddl, che aveva avuto l'ok del Senato italiano, in Ue sarebbe stato sicuramente fermato poiché inapplicabile. Il governo Meloni si è visto costretto quindi a battere in ritirata, senza alcun annuncio pubblico, probabilmente per prevenire una possibile bocciatura del ddl da parte della Commissione Ue.

Eppure, al question time alla Camera che si è tenuto dopo qualche settimana dal ritiro della notifica Tris, il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, ha dichiarato che il governo avrebbe continuato a tirare dritto e che il ritiro del ddl era stato deciso solo per consentire al Parlamento di esaminarlo meglio.

Una dichiarazione accolta con scetticismo da chi guarda alle politiche europee, che potrebbero decidere anche di  sanzionare il nostro paese. Il ddl infatti creerebbe frammentazione all'interno del mercato europeo; impatterebbe sulla libertà dei cittadini, che intendono consumare proteine alternative a quelle animali (sebbene sulla carne coltivata manchi ancora il parere dell'Efsa, l'Autorità europea sulla sicurezza alimentare) e violerebbe gli obiettivi di sviluppo sostenibile perseguiti dagli altri stati membri. 

Il ddl contro la carne sintetica introduce multe da 10mila a 60mila euro, la confisca dei prodotti per chi viola le disposizioni, producendo e commercializzando alimenti derivati da coltivazioni cellulari, destinati sia al consumo umano che animale, ma soprattutto attacca la ricerca sulla carne coltivata. Non solo. Nel ddl è stato introdotto anche un emendamento con cui si inseriva il divieto di denominazione di alcuni prodotti vegetali con nomi che richiamano quelli a base di carne, ad esempio "hamburger di seitan", con la motivazione che bisogna tutelare il diritto dei consumatori a essere informati sugli ingredienti del cibo che acquistano. Il primo articolo della legge recita infatti: "assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini nonché a preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia, di rilevanza strategica per l’interesse nazionale".

Nel corso di questo lungo anno di dibattito sul divieto, abbiamo sempre scelto di rovesciare la retorica corrente. Non si può parlare di vietare la carne coltivata, infatti, se non si rivede l'attuale modello produttivo della carne, basato su allevamenti intensivi che impattano profondamente sulle emissioni globali di Co2 (Secondo l'Agenzia Europea per l'ambiente, al settore agricolo va attribuito il 54 per cento di tutte le emissioni di metano di origine antropica dell’Unione europea, in gran parte imputabili agli allevamenti bovini); che sposta la distribuzione ma anche la produzione dei cereali dalle persone agli animali destinati a maltrattamenti e infine alla morte; che ha bisogno solo nel nostro paese di oltre 300milioni di metri cubi di acqua. Una riflessione che ci ha spinto a chiedere al governo che invoca di frequente la trasparenza per i consumatori, di introdurre un'etichetta che segnali la carne proveniente da allevamenti intensivi. 

Nei nostri report "Prosciutto nudo" e "Cibo e caporalato. Made in Lombardia", abbiamo affrontato l'impatto ambientale e sociale della produzione e del consumo senza freni di carne. Un'industria che viene sollecitata dalla domanda crescente punta su questo modello. Ecco perché c'è bisogno di una politica coraggiosa. Le politiche europee come la PAC, la politica agricola comunitaria che dovrebbe sostenere l'agricoltura e pensare anche alla transizione ecologica dell'Ue, non possono continuare a foraggiare, come ha fatto la PAC licenziata lo scorso anno che sarà in vigore fino al 2027, un settore così distruttivo per ambiente, animali e salute umana. E il dibattito sulla carne coltivata non potrà dirsi risolto se non si affronterà una questione così cruciale per il futuro di tutte e tutti noi.

Aiutaci a costruire un futuro più equo e sostenibile per tutte e tutti
Unisciti a noi!

DONA ORA

ATTIVATI


NEWS

? Preferenze Cookies