Pubblicato da Redazione
il 22/08/2023
Il governo Meloni si accorge che la Social Card "Dedicata a te"- la carta elettronica da 382,50 euro per l'acquisto di generi alimentari di prima necessità introdotta dal governo a luglio, erogata una tantum a chi ha un Isee inferiore ai 15mila euro- non basta ad arginare la povertà dilagante nel paese. E allora mette in atto un nuovo piano contro l'inflazione e i rincari dei prodotti di largo consumo: un trimestre anti-inflazione. Un piano che conferisce pieni poteri ai colossi distributivi e a una parte del piccolo dettaglio, che hanno siglato un accordo con il governo, accettando di commercializzare alcuni prodotti a prezzi ribassati, sulla base di una scelta volontaria. Prodotti che saranno contrassegnati -manco a dirlo- da un bollino tricolore.
Dal 1° ottobre si apre il trimestre anti-inflazione, che durerà fino al 31 dicembre. Un periodo "promozionale", in cui viene proposto un paniere di beni a prezzi calmierati, un paniere di prodotti "liberamente scelti dalla grande distribuzione in cui rientrano beni alimentari e prodotti per l’infanzia". Al piano del governo aderiscono per il mondo della Gdo: Coop, Esselunga, Despar, Carrefour, Pam, Conad, Tigre, Lidl, Famila.
Già a fine luglio, mentre veniva cancellato con un colpo di spugna il reddito di cittadinanza, il ministro per le imprese e per il Made in Italy, Adolfo Urso, annunciava l'inizio di un confronto che avrebbe portato ad un accordo con le insegne della Grande Distribuzione Organizzata e del piccolo dettaglio. E in effetti, l'intesa con i distributori c'è stata. Ma a questa, non è seguita invece quella con tutta la parte industriale, che solo successivamente e in piccola parte finora, ha aderito all'accordo.
Ancora una volta il governo prova a mettere in campo azioni un po' improvvisate, che non risolvono il problema alla radice. Introdurre una selezione di prodotti in promozione per tre mesi non migliorerà le distorsioni di una filiera agroalimentare, basata da tempo sui prezzi bassi. E non aumenterà la capacità di acquisto delle cittadine e dei cittadini- che da gennaio si ritroveranno nuovamente soli davanti agli scaffali dei supermercati- men che meno delle fasce più povere -vittime della battaglia del governo contro il reddito di cittadinanza- che proseguiranno la corsa ai discount. Come abbiamo ribadito con l'adesione alla campagna Ci vuole un reddito, anche a questo servirebbero strumenti di welfare e di sostegno al reddito: a contribuire a riequilibrare la filiera e a vivere degnamente.
Al netto di un rallentamento complessivo dell'inflazione, i dati Istat sui consumi di giugno e luglio registrano un aumento annuale dei prezzi del 6% circa rispetto al luglio 2022. Una situazione che sta colpendo tantissime famiglie, sempre più costrette a svuotare i propri carrelli della spesa o ad abbassare la qualità dei propri acquisti.
Il dibattito sulle povertà, lavoro povero e salario minimo non può non contemplare l'accesso a un cibo di qualità, un diritto fondamentale per le persone comuni e per l'ambiente. E per chi quel cibo lo produce. Un settore che oggi, tra crisi climatica e inflazione, rischia di impoverirsi.
Da agosto sulla proposta di salario minimo che tutti i partiti di opposizione- eccetto Italia Viva- hanno fatto (9 euro lordi l'ora) e hanno presentato alla Camera è stata aperta una petizione. Oggi è tempo di dire basta e di costruire un'opposizione vera, di piazza, che metta in campo proposte concrete!