Pubblicato da Redazione
il 30/11/2023
Aggiornamento 13/12
Sono due i termini chiave che ermergono dal Global Stocktake, il documento finale della Cop di Dubai: "questo decennio" e "2050". "Transitare fuori dai combustibili fossili" e "accelerare l'azione in questo decennio critico al fine di raggiungere la neutralità dal carbonio entro il 2050" sono i messaggi al cuore del primo bilancio globale sulle azioni intraprese e da intraprendere dagli stati per velocizzare la fuorisuscita dai combustibili fossili, adottato ufficialmente oggi da tutti i delegati presenti a Dubai, alle prime luci dell'alba.
Un documento "tiepido", che ha lasciato molti stati- specie gli stati insulari- insoddisfatti, che tuttavia segna una piccola vittoria di chi nelle ore scorse si è battuto per bloccare un testo che non faceva neanche cenno all'abbandono delle fonti fossili.
Il Global Stocktake è considerato il risultato centrale della COP28, poiché contiene tutti gli elementi che erano in fase di negoziazione e che ora possono essere utilizzati dai paesi per sviluppare piani d’azione per il clima più forti, previsti entro il 2025. Piani che condizioneranno anche l'agricoltura, un settore che non compare nel documento finale, che però subirà certamente le conseguenze di quanto stabilito a Dubai.
Il presidente della Cop28 Al Jaber ha definito l'accordo "storico". E da un certo punto di vista lo è di certo. Si tratta del primo testo di una Cop a contenere l'espressione "combustibli fossili". Eppure nel testo non c'è né l'impegno a eliminare né a dimezzare le emissioni, piuttosto a transitare fuori dal fossile. Ecco perché l'espressione utilizzata è "transition away" -transitare fuori- prevalso sulla primissima proposta "phase-out", cioè "uscita", termine inviso ai paesi dell'OPEC, l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, che da qualche giorno, in particolare da quando sono iniziate a circolare le prime bozze del documento, hanno iniziato a fare capolino a Dubai quotidiniamente.
Ma cosa si dice in questo Global Stocktake approvato oggi?
Per contenere l'aumento delle temperature entro 1.5°C, come fissato dagli Accordi di Parigi nel 2015, è stata espressa la necessità di triplicare la capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili e di raddoppiare la media globale del tasso annuo di miglioramento dell'efficienza energetica entro il 2030. Le emissioni di gas serra devono essere ridotte del 43% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2019.
Occorre accelerare gli sforzi per diminuire gradualmente l'energia prodotta dal carbone non abbattuto verso sistemi a zero emissioni nette, ma non è stato indicato un limite temporale.
Purtroppo nel documento poco si dice sull'approccio differenziato all'adattamento climatico e all'adozione di energie rinnovabili tra paesi del Nord e del sud del mondo, come era stato proposto all'inizio di questa Cop. I paesi in via di sviluppo chiedono di avviare questa transizione soltanto dopo i paesi ricchi, più responsabili delle emissioni di gas serra e meno esposti economicamente.
Elemento critico, inedito rispetto alle altre Cop, è che nel documento sia entrato anche il nucleare, inserito nella lista delle nuove tecnologie da adottare contro il fossile soprattutto nei settori industriali più problematici.
Dall'11 al 22 novembre 2024 la COP si sposta in Azerbaijan, a Baku,una scelta di mediazione dopo che la Russia, in polemica con l'UE, ha prima bloccato la designazione dell'Ucraina e poi quella della Bulgaria. Secondo le regole di rotazione, infatti, la prossima edizione avrebbe dovuto tenersi in Europa orientale o in Eurasia. La scelta di Baku coniuga esigenze diplomatiche e organizzative.
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Aggiornamento 8/12
Le polemiche che hanno avvolto questa Cop fin dal principio non si placano. E i dubbi del mondo ambientalista sulla presidenza di questa edizione tutto ad un tratto sono risultati legittimi all'intera comunità internazionale. La diffusione di un video da parte del giornale britannico il Guardian ha infatti rischiato di minare il già flebile equilibrio con cui si è aperta la Cop28.
Nel video si vede il presidente di turno della Cop28 Al Jaber che, nel rispondere a Mary Robinson, ex presidente dell'Irlanda e Alta Commisaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, dichiara «Non esiste alcuna evidenza scientifica o scenario che affermi che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili ci permetterà di raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C. […] Per favore, aiutatemi: mostratemi una roadmap in base alla quale il phase out dei combustibili fossili consentirà uno sviluppo che sia sostenibile a livello socio-economico senza riportare il mondo all’età delle caverne».
La credibilità di questa presidenza, che aveva retto i primi giorni, con questo video si è completamente dissolta. Al Jaber ha quindi convocato una conferenza stampa, in cui ha di fatto dichiarato di essere stato frainteso e sabotato da un video che riportava frasi di un discorso più ampio, ha detto di avere fiducia nella scienza e ha sottolineato che il phase-out (la fuoriuscita) dalle fonti fossili avverrà di certo. Il presidente della Cop28 si è presentato alla Conferenza con uno degli scienziati più importanti al mondo, Jean Skea, docente universitario e membro dell'IPCC, la rete scientifica messa in piedi dall'Onu, che ha come obiettivo diffondere la conoscenza sui cambiamenti climatici a governi e persone. Skea ha di fatto dovuto placare le tensioni della comunità scientifica e delle realtà ambientaliste, smentendo che Al Jaber fosse un negazionista climatico. Impresa molto ardua e infatti, mal riuscita.
I dati diffusi da Global Witness, una organizzazione non governativa che ogni anno conta i lobbisti del fossile presenti alle Cop, confermano quanto questa di Dubai sia l'edizione più ambigua nella storia delle Conferenze sul clima. L'ong ha infatti contato 2456 lobbisti del fossile, lo scorso anno in Egitto, ne erano presenti 626, una cifra che aveva indignato tutti.
Nei giorni che ci separano dalla fine della Cop, il prossimo 12 dicembre, bisognerà capire quindi non solo se il phase-out dai fossili avverrà, ma come avverrà. E la presenza di questo esercito di lobbisti potrebbe non essere una buona notizia per il futuro del pianeta.
L'Europa intanto prova a imporsi soprattutto con Teresa Ribera, ministra della transizione ecologica spagnola, che sta emergendo nel dibattito come un perno della Cop internazionale. Dal momento che la Spagna ha la presidenza di turno della UE, tutti i riflettori sono accesi su di lei.
La strategia di Ribera è di valutare l'utilizzo del dispositivo del CCS (Carbon capture and storage), che prevede la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO2, solo per i settori industriali al momento più difficili da decarbonizzare. Il CCS, inserito dagli Usa nel piano clima, e giudicato dal presidente Biden uno strumento necessario, in realtà non ha dato finora i risultati sperati. Con 40 impianti commerciali sparsi per il mondo, siamo riusciti ad assorbire solo lo 0.12 per cento delle emissioni globali. Che la politica globale sul clima si affidi ad un dispositivo molto costoso, che funziona a stento e che di fatto non prevede l'adozione di politiche serie di fuoriuscita dal fossile è ciò che al momento sta preoccupando le realtà ambientaliste a Dubai.
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Aggiornamento 1/12
Questa mattina la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è volata a Dubai, dove ha annunciato che anche l'Italia contribuirà al Fondo per le perdite e i danni destinati ai paesi più colpiti dai cambiamenti climatici, con un finanziamento di 100 milioni di euro. La presidente ha iniziato il suo discorso ufficiale, tornando al dibattito sulla carne coltivata, vietata ufficialmente in Italia pochi giorni fa. La premier ha dichiarato "Non voglio andare verso un mondo in cui i ricchi possono mangiare alimenti naturali e ai poveri vanno quelli sintetici", tornando sulla distinzione tra cibo di serie A e di serie B, su cui era intervenuto il ministro dell'Agricoltura Lollobrigida, a cui noi avevamo risposto così.
Le parole di Meloni hanno avuto ancora più eco, perché pronunciate a Dubai nella giornata in cui è stata presentata davanti alla comunità internazionale la prima dichiarazione dei leader mondiali sull'agricoltura e sui sistemi alimentari firmata da oltre 130 presidenti e primi ministri. Una novità rispetto alle altre edizioni della COP, in cui l'agricoltura era considerata un tema tabù. Questa volta invece, è stata inserita nel calendario della Conferenza una data apposita dedicata al tema, il prossimo 10 dicembre.
La Dichiarazione prevede alcuni obiettivi prioritari: rafforzare le risposte di adattamento e resilienza del mondo produttivo agricolo e ittico ai cambiamenti climatici; supportare tutti gli addetti che lavorano alla produzione del cibo, la cui sussistenza è minacciata dal climate change; promuovere la sicurezza alimentare e la nutrizione; proteggere e ripristinare le terre e gli ecosistemi naturali, il suolo e la biodiversità per proteggere l'ambiente e contribuire alla sostenibilità dei sistemi alimentari; tutelare le riserve d'acqua in agricoltura.
Un passo di certo importante ma di fatto superficiale. Con la firma di questa Dichiarazione, infatti, per gli stati non c'è alcun impegno legalmente vincolante. Non figurano obiettivi quantitativi da raggiungere o campagne da mettere in campo, considerando che ci sarebbe ancora tanto da fare per iniziare una vera transizione ecologica nei sistemi di produzione del cibo.
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Aggiornamento 30/11 ore 17:00
Al netto dei sospetti e dei dubbi su questa nuova edizione made in Dubai, nel primo giorno della Cop 28, è stato già raggiunto un primo importante obiettivo: rendere operativo il Fondo per perdite e danni (Loss and Damage), destinato ai paesi del sud del mondo che hanno contribuito meno alla crisi climatica, pagandone però il prezzo più alto. Il Fondo era stato istituito alla Cop egiziana dello scorso anno, ma restava ancora da capire chi lo avrebbe gestito e quali stati vi avrebbero preso parte.
Oggi il presidente della Cop Sultan Al Jaber ha annunciato che il suo paese, gli Emirati Arabi Uniti, ha già finanziato il Fondo con un bonifico da 100 milioni di dollari. A questo va ad aggiungersi la Germania con 100 milioni di euro, il Regno Unito con 60 milioni di sterline, gli Usa con 17 milioni di dollari, Francia e Italia con 100 milioni di euro. E' stato inoltre deciso che il Fondo sarà gestito dalla Banca Mondiale.
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Al via i lavori della Conferenza globale del clima (Cop28) a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. L'edizione di quest'anno, che dovrebbe consolidare l'impegno globale a rallentare il riscaldamento climatico, non è iniziata sotto i migliori auspici.
La scelta di svolgere la Conferenza negli Emirati Arabi Uniti, tecnicamente un "petrostato", un paese che basa cioè la sua economia sull'estrazione e vendita di combustibili fossili (7°produttore mondiale di petrolio, 5° per riserve di gas), non può che destare forti preoccupazioni nei movimenti e nelle ong ambientaliste, che temono che il summit non sposterà politicamente molto rispetto al passato.
I timori sono aumentati quando è stato individuato in Sultan Al Jaber il presidente della Cop28. Al Jaber è il ministro dell’Industria a Dubai e il referente della Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc), una delle compagnie petrolifere più grandi al mondo, ma parallelamente Al Jaber è a capo anche della Masdar, una società di energie rinnovabili. Ed è proprio con le sue socità che il presidente della Cop- che ha smentito le accuse- starebbe conducendo una invisibile strategia di pressione sugli stati presenti a Dubai. In vista degli incontri bilaterali tra il presidente Al Jaber e i paesi partecipanti, sono trapelati alcuni documenti che fanno emergere i tentativi da parte delle società da lui presiedute di fare e proporre accordi ai paesi della Cop. Questo vorrebbe dire che oltre alla facciata ufficiale, quella in cui si discuterà degli obiettivi di riduzione del riscaldamento globale, il vertice di Dubai offrirà possibili occasioni ghiotte al petrostato per allargare le sue influenze.
Agricoltura
Come si sente dire spesso, l'agricoltura e i sistemi alimentari sono vittime e carnefici della crisi climatica. L'intero settore agricolo è infatti responsabile di 1/3 delle emissioni di Co2 a livello globale. Ecco perché, come annunciato già dal direttore generale della FAO, QU Dongyu, questo tema sarà presente all'interno dell'agenda della Cop28.
La presidenza della Conferenza ha invitato tutti gli stati presenti a riconoscere il valore dell'alimentazione e delle filiere giuste del cibo, redigendo la prima dichiarazione dei leader mondiali sull'agricoltura e sui sistemi alimentari. Dichiarazione che sarà presentata a Dubai come parte dell'agenda della Presidenza su cibo e agricoltura, che costituirà un elemento centrale del vertice mondiale sull'azione per il clima del 1° dicembre e della Giornata dell'alimentazione, dell'agricoltura e dell'acqua del 10 dicembre.
Finanziamenti ai paesi del Sud del mondo
Durante la Cop27 dello scorso anno in Egitto, il risultato più importante raggiunto è stata la costituzione di un Fondo per perdite e danni (Loss and Damage), destinato ai paesi del sud del mondo che hanno contribuito meno alla crisi climatica, pagandone però il prezzo più alto. Il Fondo dovrebbe diventare operativo proprio nei primi giorni della Conferenza.
Lo scorso anno i paesi della Cop hanno raggiunto l'obiettivo di 100 miliardi di dollari all'anno da destinare ai paesi poveri. Quest'anno gli stati dovrebbero gettare le basi per un nuovo obiettivo di rifinanziamento. Secondo un report pubblicato dall’Unep, il Programma ambientale dell’Onu, servirebbero tra i 215 e i 387 miliardi all’anno per consentire ai Paesi più poveri di difendersi dal riscaldamento globale, ossia tra 10 e 18 volte in più di quanto fatto fino a oggi.
Il primo bilancio globale sulle strategie di contrasto alla crisi climatica
A Dubai si parlerà per la prima volta anche di un primissimo bilancio globale (global stocktake), cioè di un'analisi su base quinquennale delle azioni messe in campo finora dai paesi che hanno ratificato gli Accordi di Parigi. Con questi accordi, nel 2015 si è deciso di lasciare l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli pre-industriali e fare tutto il possibile per limitare l’aumento a 1.5°C. Il primo global stocktake dovrebbe essere pubblico alla fine del vertice.
La proposta europea
Il Consiglio Ue ha sottolineato l'esigenza di innalzare considerevolmente il livello di ambizione globale affinché l'obiettivo di 1,5°C , fissato a Parigi, rimanga raggiungibile.
Bruxelles ha deciso di portare sul tavolo a Dubai una posizione congiunta: un accordo mondiale che abbia come obiettivo l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, il raggiungimento di un picco nel loro consumo nel prossimo decennio e fissare un prezzo globale del carbonio.
Le giornate cruciali per l'Ue saranno venerdì e sabato, quando la presidente della Commissione Ursula Von der Lyen, presenterà a Dubai un piano per triplicare (rispetto alle stime del 2022) la capacità installata di energia rinnovabile portandola a 11 TW e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030.