Pubblicato da Redazione
il 03/07/2024
L’apice del terrore. Con la morte di Satnam Singh, il lavoratore indiano morto in un'azienda agricola della provincia di Latina, abbiamo raggiunto l’apice del terrore, su cui ormai non è più possibile tacere.
Ecco perché sabato 6 luglio, ci vediamo a Latina alle 9:30, in Via Vittorio Cervone, per una manifestazione indetta dalla CGIL nazionale.
A confermare la gravità della vicenda, anche l’ordinanza di custodia cautelare di Antonello Lovato, arrestato il 3 luglio con l’accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso. Non c’è dubbio per la Procura di Latina: la condotta di Lovato è stata “disumana” e Singh è morto per le conseguenze di un'emorragia al braccio. L’autopsia del medico legale della Procura lo ha confermato: se il datore di lavoro avesse chiamato i soccorsi, l’uomo si sarebbe salvato.
L’ordinanza spiega che lo scorso 19 giugno Satnam si è avvicinato troppo al macchinario avvolgi plastica con cui stava lavorando, è rimasto impigliato con la manica della camicia e così ha perso il braccio. Una dinamica atroce, che ha fatto emergere altri elementi utili a capire in che condizioni lavorasse l’azienda. Dalle indagini, è emerso infatti che mancavano dispositivi di protezione individuale, certificazioni di conformità per il mezzo agricolo e che non erano previsti corsi di formazione per i lavoratori.
“Prescindendo da valutazioni etiche (irrilevanti per il diritto penale) che pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, non può sottacersi che l’indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire” prosegue l'ordinanza.
Attraverso le testimonianze della moglie di Singh, Soni, e di alcuni vicini di casa, che hanno assistito al momento in cui Lovato ha scaricato il corpo dell’uomo vicino casa, si è potuto risalire alla fredda lucidità con cui Lovato ha agito in quelle ore. Temendo che venisse fuori la condizione lavorativa di Satnam, lavoratore in nero, Lovato è rimasto indifferente alle preghiere della moglie Soni – che lavorava nella stessa azienda e che ha assistito alla scena- di chiamare l’ambulanza.
Una situazione talmente brutale che la rabbia e l’indignazione non bastano più. Una situazione che ci porta a dire alcune cose con un po’ di chiarezza.
Il mondo sfavillante del made in Italy, così come ce lo raccontano il ministro Lollobrigida e il governo Meloni, non esiste. L’agricoltura non è tutta uguale ed è fatta anche di moltissimi agricoltori onesti, che fanno enormi sacrifici per pagare dignitosamente i propri dipendenti. Eppure ci sono ancora troppi lavoratori sfruttati nelle nostre campagne. Ci sono anche quando non si vedono. Ed è quello che abbiamo scoperto, indagando in zone insospettabili, nelle campagne delle regioni del Nord, dove un tempo non si immaginava potesse esistere lo sfruttamento. Eppure, in ogni provincia che abbiamo indagato, abbiamo raccolto storie di lavoro grigio, di caporalato, di intermediazione illecita, di contrattualistica spuria.
Bisogna poi dire che fino a quando non si agisce sulla catena del lavoro, assicurando il giusto prezzo al cibo, ma anche la giusta remunerazione al produttore e al lavoratore, la filiera agricola sarà sempre diseguale e sbilanciata. E i casi di caporalato aumenteranno.
Bisogna sottolineare che l’indignazione di questi giorni deve servire a smuovere le istituzioni a fare di più.
Abbiamo tanto, tantissimo lavoro da fare. Eppure sono anni che siamo in prima fila. Per portare luce, per denunciare, per spingere la politica a interessarsi a questi temi, anche in assenza di tragiche morti.
Oggi speriamo che il rumore sollevato dalla morte di Satnam continui a riecheggiare per sempre e non dia tregua più a nessuno!
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