Pubblicato da Redazione
il 12/03/2025
Ci risiamo. A soli due anni dal lancio del nostro report “Cibo e sfruttamento. Made in Lombardia”, che aveva provocato reazioni “negazioniste” sul tema dello sfruttamento in agricoltura, il nuovo report di Terra! “Gli ingredienti del caporalato – Il caso del Nord Italia” è al centro di nuovi attacchi e aggressioni.
Recuperando la retorica delle “poche mele marce”, ci accusano di avere gravemente offeso il comparto agricolo, di fare “di tutta l’erba un fascio” e di colpire le aziende agricole.
Parole che non ci sorprendono, perché rappresentano l’estremo tentativo di difendere l’indifendibile e cioè il fatto che nell’agricoltura italiana, anche in quella lombarda, anche in quella mantovana, esista lo sfruttamento di lavoratrici e lavoratori. Una realtà che abbiamo trovato ovunque abbiamo indagato: al Sud, nel Mediterraneo europeo, ma anche nelle ricche filiere lombarde del melone, della IV gamma e dei suini, dove i dati delle ispezioni delle forze dell’ordine e dei centri di ricerca nazionali ci danno ragione.
Ma se questa realtà non viene accettata anche dopo i fatti tragici che hanno contrassegnato la scorsa estate, è un problema per tutti. Perché la conseguenza di tutto questo è l’immobilismo: perseverare nel vecchio modello senza cambiare mai.
E in Lombardia, accanto a molta imprenditoria che nega l’esistenza dello sfruttamento agricolo, abbiamo trovato anche imprese che lo denunciano e che vogliono combatterlo, proprio come noi. Quando abbiamo denunciato le critiche condizioni delle campagne in questa regione, non ci siamo mai riferiti alla totalità delle aziende agricole. Tuttavia i numeri di inchieste che riguardano la Lombardia e alcune province, tra cui Mantova, deve muovere le istituzioni a trovare delle soluzioni. E noi di soluzioni abbiamo parlato eccome, mettendo in rilievo le (poche) best practice che sono partite da questi territori.
Nei nostri 15 anni di lavoro sul tema, non ci siamo mai limitati a dare voce alle lavoratrici e ai lavoratori - che però spesso sono le vittime più fragili del sistema- ma anche ai produttori, ai consorzi, alle aziende, che oggi stanno soffrendo per gli scarsi margini di guadagno e per gli effetti terribili della crisi climatica. Aziende che spesso sono lasciate sole e che non hanno gli strumenti per lavorare nella legalità.
Denunciare il caporalato vuol dire stare dalla parte dell’agricoltura. Di quella sana, che lavora ogni giorno nel rispetto del lavoro e dell’ambiente. Ed è anche per questo che il nostro lavoro non si limita alla denuncia, ma alla costruzione di alternative.
Ed è quello che faremo anche in Lombardia, con tutti gli stakeholder, le realtà e le istituzioni che vorranno ascoltarci.