Pubblicato da Redazione
il 21/10/2021
La notizia della nomina di Roberto Maroni alla presidenza della Consulta per l’attuazione del protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato da parte della Ministra Lamorgese, è un controsenso inspiegabile.
Allo stesso modo, desta stupore la decisione di istituire un ulteriore organo - oltre al già esistente Tavolo Caporalato - presieduto dagli stessi Ministeri e impegnato nella stessa missione, cioè l’attuazione del Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo. Riteniamo infatti che la moltiplicazione dei luoghi deputati a dare impulso alle iniziative contro il caporalato abbia come effetto il rallentamento dei processi decisionali e, quindi, il raggiungimento degli obiettivi.
“La scelta della ministra Lamorgese - dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra! - ha come effetto l’indebolimento degli spazi di democrazia, di confronto e dialogo sul tema del caporalato, che ci ha visti finora protagonisti, al fianco dei sindacati e di tante reti associative, nel ripensamento della filiera agroalimentare e nella tutela dei diritti di tutti gli attori del comparto. Affidare ad una personalità con la storia e le idee di Maroni la presidenza di un organo che replica le azioni portate avanti in altri Tavoli, renderà complicata la consultazione degli attori coinvolti nell’azione di contrasto”.
Conosciamo bene la storia politica dell’ex ministro del Lavoro e dell’Interno, e del suo partito, la Lega, che negli anni scorsi ha contribuito a creare nel paese un clima di persecuzione nei confronti delle persone migranti, che risiedono nelle nostre città e lavorano nelle nostre campagne.
Da oggi, a Roberto Maroni viene affidata una delle sfide più difficili del nostro tempo: il contrasto allo sfruttamento di quelle stesse persone che lui e i suoi colleghi di partito avrebbero voluto espellere, spesso residenti negli insediamenti informali che punteggiano la nostra penisola, sgomberati con forza negli anni in cui alla testa del Ministero dell’Interno c’era Matteo Salvini.
La nomina giunge come un attacco netto a tutte le vittime di caporalato e a anche a quelle associazioni, come la nostra, che, nel corso di questi anni, si sono spese con determinazione per l’approvazione della legge anti caporalato, un provvedimento criticato e deriso dalla Lega, che più volte ha chiesto di modificarlo, ritenendolo “persecutorio” nei confronti dei datori di lavoro e dei caporali.