Pubblicato da Redazione
il 18/06/2024
Aggiornamento del 19/06
Satnam Singh, il bracciante indiano di 31 anni rimasto senza braccio a causa di un macchinario agricolo mentre lavorava nelle campagne di Borgo Santa Maria alla periferia di Latina, è morto.
La drammatica notizia ci lascia sgomenti. Non è ammissibile perdere la vita mentre si lavora. Non è accettabile che un datore di lavoro possa lasciare un lavoratore ferito, inerme, senza pietà alcuna. Siamo nell'orrore più atroce.
E oggi sentiamo solo tanta rabbia, ma anche tanta voglia di cambiare tutto!
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Nei pressi di Borgo Santa Maria, in Agropontino, l'area agricola che abbraccia Latina, la provincia romana a una settantina di chilometri dalla capitale, un lavoratore agricolo di nazionalità indiana, Satnam Singh, addetto al taglio del fieno, ha subito un gravissimo incidente sul lavoro. L'uomo ha perso un braccio, trinciato dal macchinario con cui lavorava. Una storia di per sè tragica, che testimonia quanto in alcune aziende agricole del nostro paese sia presente ancora una cultura arcaica del lavoro e dei diritti.
Se già questa notizia non fosse abbastanza grave, l'epilogo della vicenda mette i brividi. Il datore di lavoro infatti ha pensato bene di scaricare il lavoratore come un sacco di rifiuti nei pressi della sua abitazione. Solo successivamente l'uomo è stato trasportato in ospedale a Roma in eliambulanza.
Una storia che non parla solo di sfruttamento e di assenza di tutele nel posto di lavoro, ma anche di arroganza e sopraffazione nei confronti di una persona che lavora, senza diritto alcuno. Una tendenza che sembra non avere fine.
Con le nostre indagini abbiamo osservato al Nord un'evoluzione del fenomeno del caporalato in forme più complesse, in alcuni casi più subdole in quanto riescono ad aggirare i controlli. Lavoro grigio, cooperative senza terra, contratti spuri: sono le tante facce dello sfruttamento in agricoltura. Ma episodi come quello accaduto a Latina testimoniano la presenza di uno sfruttamento ancorato a forme più tradizionali di oppressione e abuso.
Come denunciamo da anni, serve una cultura del lavoro nuova. Serve formare gli agricoltori di oggi e quelli di domani, per permettere un avanzamento del settore, schiacciato tra bassi redditi e crisi climatica, un avanzamento che però tenga conto anche dei diritti del lavoro e della persona.
Noi pensiamo che il famigerato esodo di manodopera, che lamentano molti datori di lavoro, sia fortemente legato ad un'assenza di servizi - come il trasporto e l'alloggio- ma anche alle basse paghe e alle condizioni spesso disumane in cui si trovano a lavorare migliaia di persone.
Se vogliamo far tornare l'agricoltura un comparto attrattivo per lavoratrici e lavoratori o per quei giovani che desiderano tornare alla terra, bisognerà allora investire in nuovi metodi colturali amici dell'ambiente e nel miglioramento delle condizioni di lavoro. Senza tutto questo, la crisi dell'agricoltura probabilmente peggiorerà. E a farne le spese saremo tutte e tutti noi!
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