Pubblicato da Redazione
il 06/06/2018
Questa mattina a Cerignola abbiamo piantato un albero in memoria di Soumayla Sacko, il bracciante ventinovenne ucciso da una fucilata lo scorso 2 giugno. Lo abbiamo fatto insieme a un gruppo di braccianti coinvolti in una nuova avventura di Terra! che vi racconteremo nelle prossime settimane e che vuole dimostrare come sia possibile sottrarre queste persone all'inferno dei ghetti, restituendo loro la dignità del lavoro per un'agricoltura sostenibile ed equa.
Lo abbiamo fatto perché l'assassinio di Soumayla Sacko non è solo un fatto di cronaca nera. E' un fatto immerso in uno sfondo sociale, economico e politico che ci riguarda da vicino, e che abbiamo portato alla luce indagando a fondo le cause del caporalato e dello sfruttamento in agricoltura.
In questi anni, durante i numerosi viaggi tra i campi di arance e pomodori, con la campagna #FilieraSporca abbiamo incontrato donne e uomini spinti ai margini del nostro mondo, imprigionati in una vita che non hanno scelto, privati di sogni, speranze e diritti. Troppo raramente ci rendiamo conto che la loro condizione è frutto di un sistema economico che considera il lavoro come un costo comprimibile, generando povertà e deprivazione.
Tutti noi possiamo chiedere di più, anzi dobbiamo chiedere di più. Alla politica, alle istituzioni, all'industria, alle aziende e alla Grande distribuzione.
Qualunque sia il colore politico delle idee che ci spingono, una cosa dev'essere chiara: questi braccianti, donne e uomini, che vivono e lavorano spesso in condizioni inumane e degradanti, non sono privilegiati. Non ci devono nulla per averli accolti, né per lavorare nei campi in cambio di una paga da fame o per vivere in baraccopoli fatiscenti e derelitte. Al contrario, siamo noi a dover loro qualcosa: rispetto. E dovremmo sentirci chiamati a una solidarietà attiva, unendoci nella richiesta alle istituzioni di operare per il riscatto dei loro diritti fondamentali.