Pubblicato da Redazione
il 07/03/2022
La crisi generata dalla pandemia non ha avuto lo stesso impatto su tutti. A pagare di più oggi, sono le donne, in particolare madri, rimaste senza lavoro o costrette a part-time involontari e allo smart working, per conciliare lavoro e famiglia.
Solo qualche giorno fa, con le nostre Serena Modena e Giorgia Bocca, nell’ambito del nostro progetto Diagrammi centro nord, abbiamo organizzato una formazione a Casa Sabotino, un progetto di Binario 95, dedicato all’accoglienza di donne e persone transessuali di diversa nazionalità, (rese) fragili dai vissuti di disagio, di abuso e di sfruttamento.
Si è partiti dal concetto di “cura”: cura di sé stesse, cura di chi ci sta intorno e cura degli spazi accoglienti, che aiutano ad uscire dall’ombra in cui la vita ti fa precipitare.
Abbiamo parlato di ri-partenze e lo abbiamo fatto riflettendo sui sogni ancora da raggiungere, non importa quanto assurdi, non importa quanto lontani. Le donne presenti hanno così intrecciato i loro vissuti, che nonostante le tante differenze, sociali, di origine e caratteriali, inevitabilmente si sono toccati.
Tutte hanno denunciato le mille difficoltà di accesso al mondo del lavoro, specie se si è venuti a contatto con la violenza: fisica, psicologica, economica.
“Nella mia vita ho accettato tutti i lavori, perché avevo una famiglia da mantenere”. Abbiamo imparato, insieme, a leggere in queste parole il ricatto sociale che, ogni giorno, subiscono le donne, a cui è stato appaltato il carico di cura di un paese, di un’intera società.
Insieme alle operatrici del COL (Centro di orientamento al lavoro) di Roma Capitale, si è parlato della ricerca del lavoro, della scrittura di un curriculum vitae, ma anche di competenze digitali, a cui molte persone escluse da percorsi educativi, non riescono ad accedere. Con le operatrici legali di A buon diritto, ci siamo soffermate sulle discriminazioni che le donne vivono sul posto di lavoro. Dai licenziamenti in bianco a tutti gli elementi apparentemente estranei al colloquio di lavoro, che spesso ne condizionano l'andamento, come la fisicità -che bisogna annullare - la scarsa percezione dello sfruttamento - che spesso può annidarsi nella differenza tra un tirocinio e un apprendistato - e la maternità, che da elemento ostativo all'assunzione può e deve invece rivelarsi una ricchezza sul posto di lavoro.
Allora questo 8 Marzo lo dedichiamo alle donne che abbiamo conosciuto in questi giorni, in cui ci siamo immerse, da cui siamo scappate, da cui siamo tornate, bisognose di capirle, bisognose di capirci.
Lo dedichiamo alle donne che, in Ucraina, imbracciano fucili ben più pesanti, quelli della cura e della protezione dei figli, scegliendo, come spesso accade, di sacrificare il proprio dramma personale.
Non può e non deve bastare una data per parlare di tutto questo.
Ma anche quest’anno, il nostro 8 marzo è una data di amore e lotta.