Oggi l’Italia è il secondo produttore di mele in Europa dopo la Polonia. Si tratta di una produzione stabile, che si attesta intorno ai 2 milioni di tonnellate, su una superficie di 53.000 ettari.
A differenza delle altre filiere, quella delle mele sembra l’unica che negli anni sia riuscita a resistere alle oscillazioni della produzione e a stabilire un rapporto più equo con la GDO.
Ad ospitare la filiera è il Nord-Est, con il Trentino-Alto Adige che vanta il 50 per cento della superficie coltivata e il 68 per cento della produzione. Che il comparto funzioni è visibile anche dal valore delle esportazioni, che in Italia arriva a 800 milioni di euro, mentre le importazioni raggiungono appena i 50 milioni di euro.
La peculiarità che caratterizza la produzione di mele è, senza dubbio, la capacità aggregativa, che garantisce ai produttori di stabilire il prezzo insieme alla grande distribuzione, in un negoziato paritario.
La massima espressione di questo aspetto si trova nel consorzio Melinda. Con le sue 16 cooperative, Melinda gestisce l’intera commercializzazione dei produttori affiliati. La conservazione dei prodotti fino a 14 mesi è garantita dalle celle ipogee, dei veri frigoriferi naturali scavati nelle cavità della roccia Dolomia. E grazie al marchio, i produttori riescono a negoziare con la GDO da una posizione di forza. Una posizione che si è rivelata utile, al punto da convincere i distributori ad accettare mele di seconda e di terza categoria, danneggiate dalla grandine e di piccolo calibro. È l’esempio di Melasì, la “gemella difettosa” di Melinda, che presenta difetti estetici e che, nonostante questo, è riuscita ad arrivare nelle corsie dei supermercati.