Nel discorso pubblico, sui media regionali, ma anche nelle istituzioni che governano il territorio, si fa ancora molta fatica ad emanciparsi dal racconto del Fiuli come un' “isola felice”. Non è un caso che, a distanza di otto anni dall’approvazione della legge 199/2016, non esiste ancora una specifica legge regionale, e anche il dibattito in Consiglio regionale sia stato pressoché assente.
Un aspetto che rende il Friuli Venezia Giulia un osservatorio unico a livello nazionale è senza dubbio il fatto di essere il naturale punto di arrivo della “Rotta balcanica”. Quel tragitto che molti migranti provenienti da paesi del Medio Oriente, come la Siria e l’Iraq, e dall’Asia centrale, come l’Afghanistan, o dall’Asia meridionale, come il Pakistan, il Bangladesh e l’India, fanno attraversando la Turchia o la Grecia, per raggiungere infine l’Europa centrale. Gli oltre 4.000 richiedenti asilo ospitati nei centri di accoglienza (per il 94% nei CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria) rappresentano una forza lavoro “ideale” da adibire al lavoro agricolo, in quanto altamente ricattabile per via dell’estrema necessità di trovare un’occupazione remunerata in tempi brevi, e della scarsissima dimestichezza con la lingua e le regole del mondo del lavoro locale.
Nel capitolo dedicato a questa regione anlizziamo, nel contesto del settore primario regionale, il comparto vitivinicolo, che racchiude al proprio interno sia nicchie di eccellenza (come i rinomati bianchi delle DOC Collio e Colli Orientali) che i vini dei piccoli produttori (spesso a conduzione familiare) del Friuli occidentale, associati nelle cooperative che caratterizzano la produzione di vino in provincia di Pordenone. Un modello produttivo estremamente frammentato che, insieme alle dinamiche di mercato dettate dall’evoluzione dei consumi e alle condizioni di lavoro proprie del settore agricolo (flessibilità e instabilità nel tempo) va inevitabilmente ad influire sui destini della manodopera, soprattutto di quella straniera, caratterizzata da forti profili di debolezza e di ricattabilità, che ne fanno il bersaglio predestinato di pratiche di sfruttamento.
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